Pheri-phero

PERI-PHÉRO

Shirin Abedinirad | Elmira Abolhasani | Alessio Degani | Isabel Rodriguez Ramos

a cura di Marta Blanchietti | Carola del Pizzo

opening: Venerdì 29 ottobre ore 17.00

dal 30 ottobre al 20 novembre ore 15 – 19 su appuntamento

Corso Regina Margherita 94, c/o Belle Arti RIM/basement, Torino

Peri-phéro ripensa le coordinate entro cui i nostri sensi dispongono il reale. Ad animare la mostra è l’inesplorata fecondità di ciò che sta attorno alle tematiche catalizzatrici dell’attenzione, nonché la convinzione che non ci si possa con-centrare efficacemente su una questione senza aver prima accettato di de-centrare il proprio sguardo, senza aver camminato con pazienza sulla linea di confine che la circoscrive.

Il verbo greco peri-phéroti porto intorno, nella sua traduzione italiana – è dunque primariamente una dichiarazione di intenti, un’ufficiale assunzione di responsabilità e un invito ad avventurarsi nelle periferie di tre luoghi capitali delle narrazioni artistiche e culturali: il corpo, la città e l’individuo. Con il termine periferia si intende il marginale nel suo senso più ampio: marginale è ogni zona di frontiera, ma è anche – a seguito delle molteplici stratificazioni semantiche della nozione di margine – ciò che appare irrilevante, insipido o disprezzabile.

L’esibizione esplora una sorta di topologia somatica che abbraccia questo ventaglio di significati e lo problematizza, interpretando come periferie del corpo sia le sue estremità propriamente dette sia tutte le parti che, per noncuranza o superficialità, passano inosservate, o che per pudore, vergogna o, ancora, seduzione vengono nascoste alla vista. La fotografa Isabel Rodriguez Ramos (Torino, Italia, 1997), sfidando la progressiva smaterializzazione dei rapporti interpersonali a cui il contemporaneo va incontro, porta alla luce i margini ignorati dei corpi femminili, alla riscoperta del ruolo della fisicità nella costituzione delle fondamenta sociali. Le mani che Isabel immortala, grazie alla loro silenziosa gestualità, si rivelano uno strumento comunicativo più intenso della voce, capace di gridare, di chiedere aiuto, rivalsa, riconoscimento, di perlustrare, di viaggiare in cerca di un’identità, di donarsi, di sostenere e sostenersi, di incoraggiare l’incontro con l’ignoto.

Il noise investigator Alessio Degani (Brescia, Italia, 1983), schiude invece degli scorci acustici su quelle aree urbane che possono essere dette periferiche o perché localizzate al di fuori delle principali arterie cittadine o perché dimenticate dalla maggior parte di coloro che abitano in città. Alessio, nel comporre un landscape sonoro della sua Brescia, le dà voce, consentendo di riscoprirla come un organismo vivente che si sveglia, canta, ruggisce attraverso le macchine che sfrecciano sulle sue strade e mormora quando la luce del sole lascia il posto alla freschezza della notte. I suoni periferici che Alessio colleziona e mette in dialogo fanno incrinare le barriere tra paesaggio antropico e paesaggio naturale, contribuendo a dare evidenza al carattere sorprendentemente sfumato di ogni confine.

Ad amplificare le sintonie tra la geografia del corpo e quella urbana, trova spazio una riflessione sull’individualità, lasciata germogliare dalle delicate zone liminali attraverso cui i concetti di identità e differenza entrano in comunicazione, nella consapevolezza che, in fondo, la peri-phéreia è al contempo sia la linea che identifica un interno sia il primo punto di contatto con l’esterno; l’unica vera finestra per pensare e accogliere l’alterità. A ricordarlo è Elmira Abolhasani (Mashhad, Iran, 1989), scultrice iraniana la cui poetica è a tutti gli effetti un viaggio che percorre, grazie a una rara sensibilità, anche i sentieri più capillari dell’interiorità umana. Due sono le installazioni con cui Elmira invita il pubblico ad addentrarsi nei luoghi periferici dell’individuo: le mani di vetro con cui rende visibili gli invisibili – così lei sceglie di chiamare tutti coloro che vengono relegati ai bordi della società – e il suo Past, Now or Future, un tappeto persiano di specchi che cuce insieme le frontiere tra Io e Altro.

La grazia delle opere di Shirin Abedinirad (Tabriz, Iran, 1986), apre e chiude il cerchio del percorso espositivo. Lo specchio, al centro della ricerca estetica di Shirin, riesce, nelle sue installazioni, a ricomprendere e oltrepassare la funzione entro cui il mito di Narciso l’aveva confinato: da passivo strumento di autocelebrazione del corpo umano, diviene albergo della bellezza della natura; da muta superficie riflettente, spesso relegata all’interno di un edificio, si trasforma in cassa di risonanza del mondo esterno; da emblema dell’egocentrismo, si fa terreno di incontro con il diverso, capace di portare oasi di cielo anche sulle terra più brulla.

Peri-phéro è un viaggio attraverso le gerarchie con cui ordiniamo il sensibile, nella direzione di acquisire un modo di guardare che, se non si può definire onnicentrico, conserva la consapevolezza che, il più delle volte, la novità e la ricchezza risiedono al limitare di ciò che è fuoco.